ORONAYE
(Sinfonia d’Acqua)
Franco Del Moro
ORONAYE (Sinfonia d’Acqua)
(CD AUDIO – 10,00 euro)
booklet di 12 pagine a colori
Total playing time: 75:13
Music composed, orchestrated and engineered by Franco Del Moro
© 2007 Franco Del Moro
© 2007 Associazione letteraria Ellin Selae
Oronaye è una suite
orchestrale di oltre settanta minuti, le cui affinità possono essere ricercate
nel pop sinfonico del primo Mike Oldfield, nelle trame sonore di Philip Glass,
nelle melodie essenziali di Yann Tiersen, nell’uso sereno ma deciso del
pianoforte di Ludovico Einaudi, con una punta di rock progressivo e alcune
citazioni colte da Vivaldi a Pachelbel.
Più di 30 melodie riunite
in 11 tracce che raccontano idealmente la storia di un fiume dal momento in cui
nasce da una sorgente d’alta quota, diventa torrente, poi fiume… via via sino a
quando arriva in pianura, viene contaminato, ma poi torna alla terra
(rappresentata come un cuore che pulsa), e allora si purifica, si disperde alla
foce e ricomincia il suo ciclo, ma intanto ha viaggiato per il mondo,
incontrato il sole e la luna, i boschi e i prati, gli animali e gli uomini…
dunque nel lasciare la terra per salire in cielo si porterà con sé questa
conoscenza, e siccome la Natura lavora con le spirali, non con i cerchi, quando
ritornerà sulla terra inizierà un ciclo simile, ma non uguale a quello di
prima. E tutto questo ha a che fare con l’evoluzione…
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LUGLIO
2008: dopo la Sinfonia d’Acqua di ORONAYE... ascolta il Poema Portafortuna di
GARABANDAL
GENNAIO
2010: Sette Sinfonie per Angeli,
ovvero “CHARMEINE PHILARMONIA” il nuovo cd di Franco Del Moro
Gli altri musicisti di Ellin Selae
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Oronaye,
un’opera orchestrale per i 20 anni di Ellin Selae
La ripetizione che trasforma progressivamente
le linee melodiche, la successione di moduli sonori essenziali con intensi
pieni orchestrali, l’utilizzo di strumenti tradizionali come pianoforte,
violino e flauto contemporaneamente a chitarre elettriche e organi
elettromagnetici sono le caratteristiche principali di Oronaye, la lunga
opera strumentale di Franco Del Moro, un’artista che passa con disinvoltura
dalla letteratura, al teatro, alla musica. Con questo lavoro, Del Moro sembra
voler proseguire su un piano differente le riflessioni filosofiche e l’indagine
sulla natura del mondo che caratterizzano i suoi scritti e le sue opere
editoriali. In Oronaye il colore nitido del suono (nonostante i
moltissimi strumenti che compongono la trama orchestrale), alterna luci e ombre
nel racconto ideale di un fiume dalla sorgente alla foce, sino alla sua
sublimazione e al ritorno alla sorgente. Oronaye è infatti il nome di
una montagna alta più di 3000 mt, che si trova in Alta Val Maira, sul confine
fra Italia e Francia nelle Alpi Cozie Meridionali, non lontano dalle Langhe,
dove Del Moro abita, e forse è stato proprio durante una escursione in questa
valle che è nata l’idea di raccontare in musica il viaggio di un fiume, un
viaggio circolare, che dalla natura incontaminata comincia e alla natura
ritorna. Durante questo viaggio il fiume attraversa mondi diversi, fatti di
roccia, di boschi abitati dagli animali e, naturalmente, anche i mondi
dell’uomo: verso la metà dell’opera (e precisamente durante la traccia numero
6), un ritmo trascinante viene improvvisamente interrotto dal rumore di
un’automobile che parte sgommando; da questa improvvisa pausa, nella quale
viene spontaneo prendere un bel respiro, ecco che emerge un cuore che pulsa e
il soffio del vento… questo è il momento in cui il fiume ha lasciato le città
degli uomini e si è ricongiunto con la terra, alla quale spetta il difficile
compito di purificarlo dai veleni che ha preso dagli uomini; una dolcissima
melodia di pianoforte che sale progressivamente, lascia presagire che la mano
sapiente di Madre Natura saprà trovare il modo di curare i mali che
l’affliggono.
Non a caso il
sottotitolo del cd è Sinfonia d’Acqua…
*
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LA STORIA DI ORONAYE
Aprile 1987, Aprile 2007
Vent’anni per chiudere un cerchio (artistico)
Nella stanza dove nasce Ellin Selae negli ultimi mesi si è
fatta molta musica. Soprattutto di notte.
Ma non è una sorpresa: il legame fra Ellin Selae e la musica
è un legame antico, anche se non evidente, che ora svelerò.
È una storia un po’ personale, quindi non vi biasimo se la salterete; se invece siete interessati ai fenomeni di trasmigrazione artistica, ecco i fatti.
Benché
ufficialmente sia nata nel 1991, Ellin Selae nel 2007 compie vent’anni.
Il primo “numero zero” di Ellin Selae risale infatti al
1987; seguirono altri cinque “Numeri Zero”
sino al 1990 e, da lì in poi, Ellin Selae continuò con il numero 1 ufficiale.
L’aspetto dei “numeri zero” di Ellin Selae non era molto diverso da ora, se non che all’epoca nessuno aveva i computer, dunque tutto era fatto con i “trasferibili” (ve li ricordate?), le macchine da scrivere, i timbrini componibili, la colla e le forbici.
Colla e forbici, a onor del vero, sono rimaste ancora
oggi.
Ma andiamo con ordine e vediamo di capire cosa c’entra
questo con la musica.
Aprile 1987. Quello è l’anno in cui io partii militare.
Destinazione: Orvieto, Terzo Granatieri. Grido di battaglia dei Granatieri: “A
me le guardie!”, questo non c’entra con la nostra storia ma è molto
folcloristico.
A quell’epoca la mia attività principale non era
l’editoria, ma la musica: passavo tutto il tempo a suonare, comporre,
registrare musica; d’estate non andavo neppure in vacanza: restavo a casa, da
solo, a suonare e registrare. Credevo che avrei fatto il musicista per tutta la
vita, e se non fosse arrivata la cartolina di precetto a tirarmi fuori da
quella condizione, sarei “imploso”, in un mondo sempre più chiuso e sempre più
ermetico (e questo è il rischio che tutti gli artisti ossessionati dalla loro
arte, corrono).
Fui dunque costretto a posare gli strumenti e partire. La
musica partì con me ed entrai in caserma con una sola cosa in testa: continuare
suonare; ma quando ne uscii, dodici mesi dopo, avevo in tasca il primo numero
di Ellin Selae.
Il fatto è che durante il militare non mi era stato
possibile in alcun modo continuare a suonare: in tutta la caserma c’era un solo
pianoforte, vecchio e scordato, che per di più si trovava nella sala ufficiali,
luogo a cui potevo accedere solo clandestinamente ad orari improbabili e
comunque rischiando punizioni e rigori vari.
Così non potendo più far confluire la mia energia
creativa nella musica l’avevo giocoforza dirottata nella scrittura e avevo
scoperto che il mondo delle parole dopotutto era altrettanto confortevole di
quello delle note. Fra le pagine stampate mi trovavo così bene che dal congedo
in poi ogni giorno che passava ero sempre più attratto dalla letteratura e
sempre meno dalla musica (anche perché ero stufo di fare jingle pubblicitari e
sottofondi insignificanti per documentari).
A un certo punto per finanziare Ellin Selae cominciai a
vendere gli strumenti: i sintetizzatori, i rack di effetti, l’Oscar, i due
Roland, il Teac a 4 piste, l’Otari a 8 piste e infine anche il mitico DX7
(quest’ultimo non molto tempo fa)… conservai solo gli strumenti acustici e la
chitarra elettrica.
Naturalmente la musica non uscì mai del tutto dalla mia
vita, per esempio occupa un ruolo importante all’interno del mio monologo
teatrale “Il funzionamento dell’uomo” durante il quale suono qualche
pezzo all’organetto diatonico… diciamo semplicemente che cedette all’editoria
il posto a capotavola della mia anima. Il pianoforte tuttavia finì nel tempo
per diventare semplicemente il ripiano su cui appoggiare libri, dattiloscritti,
risme di carta…
Questo fino ad agosto 2006 quando forse a causa della noia
dell’estate e del gran caldo, o forse semplicemente perché le cose accadono
spinte da forze misteriose, ricominciai a dedicare un certo tempo all’ “ascolto
attento” di musica. Per “ascolto attento” intendo mettere su un disco, sedersi,
e ascoltare la musica senza fare null’altro, come se si fosse a un concerto. Di
lì a poco mi sorpresi a guardare con ritrovato interesse agli strumenti
musicali che avevo sparso per la casa, comprai qualche rivista musicale in
edicola e scoprii che in quei vent’anni durante i quali mi ero occupato solo di
letteratura, la tecnologia in campo musicale aveva fatto tre volte il giro
della Terra, e al giorno d’oggi con qualche centinaia di euro si può disporre
di attrezzature e possibilità che vent’anni prima soltanto i ricchi e le star
del rock potevano permettersi.
Faccio un esempio: all’epoca un registratore a 32 tracce
costava svariate decine di milioni di lire e occupava una intera stanza; oggi
con meno di mille euro e un qualunque pc si possono registrare non 32, ma un
numero illimitato di tracce in qualità digitale. Un altro esempio: il mio
strumento principale di allora, lo Yamaha DX7, costava quasi tre milioni di
lire; oggi con meno di duecento euro si può acquistare il “plug-in” equivalente
(ossia il software che lo riproduce fedelmente), ed avere a disposizione gli
stessi suoni, anzi molti di più e persino più belli. E ancora: per cifre
relativamente irrisorie (dai duecento euro in su) si possono comprare librerie
di suoni orchestrali di altissima qualità che all’epoca nessuno poteva
immaginarsi, neppure i Pink Floyd, e ancora… e ancora… in una parola:
fantastico. FANTASTICO!
Scoprire tutto questo non mi lasciò indifferente e mi
venne voglia di riprovare a fare qualcosa con la musica. Comprai via internet
poche ma indispensabili cose per attrezzarmi nella registrazione digitale,
staccai dal muro la gloriosa chitarra elettrica, tolsi la ruggine dai pick-up,
spolverai il pianoforte dopo averlo liberato dai libri sotto i quali era
sepolto, cambiai le corde alla chitarra classica, a quella a dodici corde,
riunii le percussioni, passai lo scovolino dentro ai flauti… e poi cominciai a
procurarmi “plug-in” e campionature digitali di strumenti acustici da suonare
con la tastiera ‘midi’ che nel frattempo mi era stata recapitata a casa…
(la postazione dove è nato “Oronaye”)
All’arrivo dell’autunno mi ritrovai in preda a una febbre
che cresceva sempre più: di giorno letterato, al calar del sole e sino all’alba
(come i vampiri) musicista.
Alcuni giorni saltavo anche la cena pur di continuare un
pezzo e mi fermavo solo quando perdevo letteralmente lucidità mentale a causa
della stanchezza.
Quello che era successo era dopotutto una cosa semplice:
un vulcano spento si era risvegliato. Di tanto in tanto succede anche in natura
e, come tutti sanno, quasi sempre sconvolge la vita di tutti quelli che si
trovano nel suo raggio d’azione.
Arrivai al punto che le molte ore passate con la schiena
curva sulle tastiere, sul computer e sugli strumenti mi procurarono, subito
dopo Natale, il primo attacco di sciatica della mia vita che mi torturò per ben
tre mesi, ma non mi impedì di continuare a comporre e registrare musica.
A gennaio 2007 una rivista inglese a cui avevo mandato
qualche pezzo musicale ne pubblicò uno (insieme a quello di altri musicisti) nel
cd allegato alla rivista, e questo mi infuse un certo coraggio.
A marzo avevo messo insieme un centinaio di minuti di
musica di quella che avevo chiamato provvisoriamente “Suite d’Ottobre” (dal
mese in cui avevo iniziato a comporla e registrarla). Scartai quindici minuti
di musica e con quella restante assemblai
“Oronaye (Sinfonia d’Acqua)”, il cd che è uscito ad aprile 2007,
esattamente vent’anni dopo il mio passaggio sotto la sbarra della porta carraia
della caserma di Orvieto.
La musica mi portò alla letteratura, la letteratura al
teatro, il teatro di nuovo alla musica…
Aprile 1987 - Aprile 2007: ci sono voluti vent’anni, ma
adesso finalmente il cerchio si è chiuso.
E ora?
Ora tutto è possibile, potrei persino iniziare a danzare.
Ma dai… scherzavo… sono mostruosamente goffo…
Franco Del Moro
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di Ellin Selae